Nero di minaccia e di caos disperante. Nero più tragico di un grido, 

benchè sia grembo, talora, di angeli e di fiori, di boschi e di fanciulli.

Quel nero è la matrice pulsante della memoria mitica e del sogno, è ricordo antico e forse presagio, ma è anche abisso, annientamento della luce, grembo tellurico, macigno.

E' l'ignoto indescrivibile dell'universo, è la sua forza e la sua massa increspata appena, su labili superfici, da esili soffi lucenti in cui c'illudiamo di scorgere figurine o di riconoscere luoghi, e d'intravedere noi stessi.

 Nero e blu combinati da cui nasce la linea sinuosa di Pietro Verdini, è l'elemento più alto della sua composizione: cattura la fantasia di chi lo guarda, genera emozioni, compenetra il senso di tutta l'icona di cui s'intesse; raccoglie in sè, violenta come il germe di una tempesta, 
la rivolta che l'autore vi nasconde.

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Estratto di una recensione di Rinaldo Sandri

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